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Il Jazz nelle foto di William P. Gottlieb

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William P. Gottlieb ha scattato queste fotografie tra il 1938 ed il 1948 quando collaborava con il Washington Post, il Down Beat magazine e il Record Changer. Era il periodo d’oro del Jazz, erano gli anni in cui lo swing era al suo apice ed il jazz moderno si stava sviluppando.

Gottlieb si trovò nel posto giusto, al momento giusto per fotografare (ed intervistare) i pionieri del jazz che si esibivano nei locali e nei teatri di Washington e New York. Il suo lavoro rappresenta un contributo importante come documento narrante la cultura musicale americana di quel periodo. Le fotografie di Gottlieb sono probabilmente le più conosciute di musicisti jazz degli anni ’40. Egli, infatti, li fotografò praticamente tutti: Louis Armstrong, Duke Ellington, Charlie Parker, Billie Holiday, Dizzy Gillespie, Earl Hines, Thelonious Monk, Stan Kenton, Ray McKinley, Benny Goodman, Coleman Hawkins, Ella Fitzgerald e Benny Carter vennero immortalati dal suo obiettivo.

William P. Gottlieb, il più giovane dei figli di Sam e Lena Gottlieb, nacque il 28 gennaio del 1917, nel quartiere di Brooklyn a New York. La sua famiglia si trasferì in New Jersey quando lui aveva quattro anni. Sua madre morì quando lui era adolescente e poco dopo morì anche suo padre. Dopo il diploma delle scuole superiori entrò alla Lehigh University, dove si laureò in economia ed entrò a far parte della confraternita dei Phi Beta Kappa.

Il suo interesse per il jazz nacque in seguito ad un’intossicazione alimentare nel 1936. Alla fine del secondo anno di università, alla mensa della confraternita, venne servito un piatto a base di maiale poco cotto che causò a lui e a molti dei suoi compagni la trichinosi. Durante la convalescenza ricevette spesso la visita di un suo ex compagno di scuola, “Doc” Bartle, un pianista appassionato di musica jazz. Bartle collezionava riviste internazionali di musica che portava al suo amico durante le visite anche con dei dischi di Louis Armstrong e Duke Ellington.

Tornato a Lehigh, Gottlieb iniziò a collaborare con il giornale dell’università, scrivendo di jazz ed emulando lo stile di Life, rivista molto diffusa in quel periodo che faceva largo uso di fotografie.

Nel 1938 entrò nel Washington Post: un amico di scuola di Gottlieb era nipote di Don Bernard, business manager del giornale, fu quell’amico ad organizzare un incontro tra Gottlieb e Bernard. Fu così che Gottlieb ottenne il suo primo lavoro, al Washington Post per 25 dollari a settimana. Dopo molti mesi chiese di poter scrivere una rubrica sul jazz. All’inizio fu accompagnato da un fotografo, ma dopo due settimane il Post decise di non potersi permettere il costo di un fotografo. Convinto dell’importanza di poter accompagnare la propria rubrica con delle fotografie, Gottlieb vendettè alcuni dischi della sua collezione per acquistare una Speed Graphic.

Se riesci a fotografare con una Speed Graphic, puoi fotografare con qualsiasi cosa.

– William P. Gottlieb

La Speed Graphic era una macchina fotografica molto in voga tra i fotogiornalisti del tempo, ma il suo uso richiedeva una buona conoscenza tecnica del mezzo. Con l’aiuto dei colleghi del dipartimento di fotografia del Post e, dopo un numero considerevole di prove ed errori, Gottlieb imparò ad utilizzare la Speed Graphic che fu la macchina fotografica principale che utilizzò durante la sua carriera.

Come fonte luminosa principale utilizzava degli ingombranti flash monouso. Durante i concerti in teatro Gottlieb preferiva fotografare tenendo il flash separato dalla Speed Graphic per ottenere un’illuminazione più gradevole ed interessante. A volte utilizzava anche più di un flash, questi venivano azionati mediante fotocellule sensibili alla luce del flash principale. I flash venivano posizionati su uno stativo, su un mobile o, addirittura, arruolava del volontari che li reggessero.

Gottlieb non era pagato per i suoi servizi fotografici e dato il costo delle attrezzature che adoperava, limitava il numero di fotografie scattate: tre o quattro foto per ogni sessione. Il suo approccio era quindi riflessivo e studiato.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale si traferì a New York, dove lavorò al Down Beat magazine, la principale rivista dedicata al mondo del jazz. Per il Down Beat iniziò a scrivere recensioni di concerti, tenere una rubrica sul jazz e, occasionalmente, realizzare servizi fotografici. Il suo primo incarico fu scrivere una recensione sulla Glen Miller Orchestra: la doppia esposizione che fece a Ray McKinley finì sulla copertina della rivista.

Ray McKinley - Glenn Miller Orchestra. William P. Gottlieb
Ray McKinley – Glenn Miller Orchestra. William P. Gottlieb

Oltre a scrivere per il Down Beat, Gottlieb collaborava mensilmente con il Record Charger, collaborò con il Saturday Review, Collier’s, e il New York Herald Tribune.

Dopo l’esperienza del Down Beat, gli fu offerto un lavoro presso la Curriculum Films e più avanti fondò una propria casa cinematografica con Walter Schaap. L’azienda produsse numerosi documentari e filmati istituzionali per aziende come l’Enciclopedia Britannica, D.C. Health, McGraw-Hill e Oxford University Press.

Nel 1969 la McGraw-Hill comprò l’azienda di Gottlieb e lo assunse come presidente di divisione, ruolo che occupò per dieci anni.

Il libro consigliato: The Golden Age of Jazz: Text and Photographs di William P. Gottlieb

Credit Line: William P. Gottlieb/Ira and Leonore S. Gershwin Fund Collection, Music Division, Library of Congress.